Kufstein

decima tappa 

Il gigante Haymon viveva nella valle dell’Inn. Un giorno Haymon uccise il gigante Tyrsus in un duello, ma dopo se ne dispiacque. Per espiare la sua colpa decise di costruire un monastero all’ingresso della gola Sillschlucht, ma ogni sera il suo edificio veniva distrutto dal grande drago che dimorava nella gola. Per poter terminare la costruzione del monastero, dove visse fino alla fine dei suoi giorni, Haymon dovette l’uccidere il drago, tagliandogli la lingua. Si dice che le sue ossa, insieme alla lingua, siano sepolte sotto l’altare.

Alle 9.15 sono già in sella alla mia Durindana, pronto a sconfiggere i miei draghi a suon pedalate, fendendo l’aria come una spada affilata. Non ero mai stato a Innsbruck ad agosto. I colori sono accesi, l’aria è fresca. L’architettura della città è pienamente leggibile. Le stazioni ondulate della funivia luccicano, cosi come lo storico trampolino del Bersingel, da poco restaurato e riqualificato. Innsbruck è una città di grande tradizione come dimostra la tipica architettura tirolese, ma è anche un centro estremamente moderno, vivace, in cui diverse “archistars” hanno sperimentato nuove soluzioni costruttive, mai invasive. 

In pochi minuti mi ritrovo fuori dall’abitato, costeggio l’Inn diretto verso la Germania. Questa notte la Frau Hitt non prenderà vita per tormentare i miei sogni. Rimarrà pietrificata sulla Nordkette.  E’ un altra giornata di sole, la strada da percorrere è piatta, senza strappi che ti inchiodano le gambe. La testa si svuota completamente e mi sembra di volare nel cielo. Le immagini mi sussurrano i loro desideri. L’assurdo è il punto di partenza. Il nuovo inizio è una diversa concezione della vita. Quello che mi circonda posso solo rappresentarlo, la realtà diventa impermeabile e la vita meglio vissuta sarà quella senza un senso.

Si può superare l’assurdo solo con la lucidità. Mi scontro con la realtà che osservo, all’improvviso sono nuovamente in sella alla mia bicicletta in mezzo ai verdi prati del Tirolo e al granoturco. Attraverso piccoli villaggi formati da casa sparute e un’ora mi sembra un secondo. ll tempo si materializza solo in presenza di almeno due persone. La pedalata assomiglia ad un danza anarchica senza un assoluto. Mi sento finalmente libero da tutto. Mi fermo a Kundl, frastornato dai pensieri. Svuotare la mente è un processo delicato, ci vuole esperienza altrimenti si rischia di farsi male. Nel pomeriggio si alza un vento caldo e secco che ostacola la mia ripartenza. E’ il Il föhn un vento di caduta, che si forma quando una corrente d’aria perde umidità superando una montagna. Non mi fermo, sfido il vento alzandomi sui pedali. Il peso delle borse fa ondeggiare la bicicletta, le ripetute  torsioni del telaio mi dicono di non esagerare se voglio arrivare fino in fondo.


Arrivo a Kufstein e mi accampo con la tenda. E’ la seconda esperienza selvaggia, spero che vada un pò meglio della prima. Faccio la spesa per la cena in un supermercato. Compro del pane, dei pomodori, un melone senza avere un coltello, una scatola di fagioli senza avere un apriscatole, un etto di salame e un pezzo di formaggio Brie. Non ha molto senso. Kufstein è la seconda città del Tirolo dopo Innsbruck. Anche se è piccola, è servita di tutto. Il suo centro fa intuire un passato travagliato, come la fortezza medievale che domina la valle. Lo strudel dovrebbe essere inserito nell’elenco delle cose da mangiare e da fare almeno una volta nella vita, e andrebbe nominato patrimonio dell’umanità. Pianto la tenda con disinvoltura e con scioltezza piego un picchetto su un sasso nascosto sotto il limo. Ho ancora da imparare molte cose. L’idea di accamparmi sotto una montagna all’ombra non è stata poi così geniale.



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