Jarnavik

Venticinquesima

Oggi è stata una pessima giornata! L’umidità del lago ricopre la tenda. Fortunatamente questa fa il suo lavoro in modo egregio e l’acqua non oltrepassa la membrana di protezione, ma il freddo penetra all’interno e passa dentro il sacco letto. Mi sveglio verso le 5.30 con le gambe intorpidite. Cerco di rannicchiarmi il più possibile per evitare dispersioni di calore, ma alla fine mi arrendo. Smonto tutto e riparto. Alle 7.00 sono già in sella. Non voglio ripetere questa esperienza, così decido di perdere una giornata intera per spostarmi verso la costa, dove spero ci sia un clima differente. Sarò costretto ad allungare il percorso di due, forse tre giorni. La scelta è tra il freddo e l’umidità, o il vento di una costa frastagliata, quindi irta. Ho optato per la seconda. Ogni volta che mi dirigo verso il mare ho la sensazione di liberarmi. Accanto a me sfilano i boschi all’infinito, la potenza della natura svedese è disarmante. Lascio l’entroterra e comincio a vagabondare lungo i fiumi risalendoli verso nord come fanno i salmoni. Il vagabondaggio è la chiave d’accesso al mondo.

Sono partito da Osterslov la mattina presto e sono arrivato a Jarnavik nel tardo pomeriggio. Non avrei avuto null’altro da aggiungere, ma Jarnavik è un paradiso terrestre e merita che qualcuno lo riconosca. Monto la tenda in un prato dentro il porticciolo deserto, costruito dentro un’insenatura che rende il mare una tavola piatta. E’ un luogo davvero incredibile. Cerco di uscire dai limiti delle linee, dalla soglia del dentro e del fuori che le visioni impongono, per capire l’anima del posto. Le cose stanno ferme quando sono colpite dalla luce del tramonto, mi addentro con lo sguardo nello spazio e cerco un punto riconoscibile, da qui provo a ricostruire il mondo. La luce al declino del giorno è vulnerabile, si trova in una condizione di disfacimento che non consente all’immagine di formarsi chiaramente. Le linee non sono più limiti, la nettezza dei contorni non è più esaltata dai colori. La risonanza cromatica cambia il rapporto tre figure che non possono più formarsi in un’immagine. La luce del giorno rende stabili le apparenze, quella del crepuscolo riporta lo spazio in una dimensione vuota e il vuoto richiama sempre la nostra attenzione.

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