Il velo di Maja: la realtà e l’immaginazione nella fotografia
Quando si legge un libro o si guarda una fotografia si entra in un mondo costruito. Nella mente prendono vita i contorni di una realtà che nasce dall’incontro dell’esperienza immaginativa sia di chi ha realizzato l’opera e sia di chi la legge.
Cos’hanno in comune la realtà e l’immaginazione? In che modo queste due entità sono connesse?
L’esplorazione del mondo è possibile attraverso le percezioni sensoriali che ci consentono però di conoscere solo una delle realtà possibili, mediata oltre che dai sensi anche dalla nostra capacità di adattamento all’ambiente. L’esperienza che abbiamo del mondo è immaginativa, nel mondo ci sono entità materiali che fingono d’essere qualcos’altro. Per esperienza possiamo dire che la realtà è più complessa della finzione ed è esplorabile unicamente attraverso i sensi. La necessità di comprendere il mondo ci porta a costruire rappresentazioni complicatissime che codifichiamo come la realtà e ciò non fa altro che rafforzare i criteri con cui definiamo ciò che è reale. Definiti i ruoli della finzione e della realtà nella nostra esistenza, nascono le questioni riguardanti il rapporto tra finzione e la realtà.
L’indagine si orienta tra la verità e l’illusione, ma fondamentale diventa il ruolo della percezione sulla ricezione. Anche se l’intelletto ha la facoltà di scindere la realtà è illusione, e crea lo spazio e il tempo in cui ci muoviamo, la verità non è percepita dai nostri sensi. Quello che percepiamo come materia è un’idea basata sull’esperienza sensoriale sostenuta dalla selezione naturale che ha favorito un tipo percezione con lo scopo di pilotarci verso le attività atte alla conservazione della specie. In quest’ottica la realtà è la più sofisticata delle illusioni. Quindi perché non si può creare una realtà allusiva tra lo spazio e l’assoluto? E’ possibile creare un mondo originale in grado di galleggiare tra altri mondi al confine tra diverse realtà illusorie?
La filosofia orientale e quella occidentale, quest’ultima coadiuvata dalla fisica quantistica, sostengono che percepiamo il mondo in base alle nostre esperienze personali. La fisica sottolinea che l’universo esiste nel momento in cui è guardato e solo nella parte osservata. Se si distoglie lo sguardo dal luogo osservato l’immagine sparisce. Quindi il mondo è creato dall’osservazione, di conseguenza se creo un mondo tutto mio e lo osservo esiste esattamente come gli altri mondi che posso osservare. Quindi la realtà esiste? Quello che vedo è quello che succede nelle mia testa? La realtà non è altro che lo sviluppo di meccanismi interiori che strutturano la realtà in cui credo? L’atto di osservare è un fenomeno di natura soggettiva, e varia a seconda delle esperienze di chi osserva. Qual’è il ruolo dell’osservatore e come la presenza di quest’ultimo influenza l’ambiente circostante tramite l’atto di osservare? Ma se così fosse come possono esistere realtà condivise con altre persone? Le realtà collettive dipendono dalle nozioni di realtà oggettiva che esiste in ogni società e che possiamo identificare con la tradizione. Se c’è discordanza tra due osservatori qualcosa non funziona.
Alcune percezioni sono insegnate, l’abilità di percepire può essere innata, ma impariamo cosa percepire. Nel nostro mondo esiste il consenso nella percezione delle cose. Io ho imparato a vedere le forme, non sono nato sapendo cosa fosse un parallelepipedo. La percezione si impara attraverso la misura e l’esplorazione dello spazio. Noi percepiamo il mondo in base a quello che siamo in quel momento, tramite i ricordi selezioniamo la nostra realtà illusoria con le nostre esperienze pregresse. E chiaro che il mondo che percepiamo lo abbiamo creato noi, è una nostra invenzione. Quindi il mio mondo è creato dall’osservazione, se non lo osservassi questo non esisterebbe, di conseguenza se creo un mondo tutto mio e lo osservo questo mondo esiste nel momento in cui lo sto guardando. L’immaginazione risulterà essere quel gioco che ci permette di ridisegnare la nostra personalissima realtà e il nostro originalissimo modo di vedere il mondo. Seguendo questa logica si definisce che non esiste un solo mondo ma anche altri che possiamo chiamare “fittizzi” coi quali non condividiamo la nostra verità, e dai quali possiamo imparare cose che vanno contro la nostra logica.
Altro concetto che s’infila tra la finzione e la realtà è quello dell’illusione. Un’illusione è una distorsione di una percezione sensoriale o cognitiva, causata dal modo in cui il cervello interpreta le informazioni che riceve.
Crediamo che l’illusione non dipenda da noi, ma esista per volontà altrui e che ci vengano fatte credere delle condizioni diverse da quelle convenzionali che definiamo reali. Ma se la realtà è una finzione, questa può essere definita anche un’illusione? Anche l’illusione è mediata dai nostri valori e dalle nostre esperienze, ma può essere”una” delle realtà possibili?
Come per la realtà e la finzione, pure per l’illusione è fondamentale la percezione. Proprio in questi giorni ho avuto un incedente in moto e la percezione del dolore fisico che provo dipende dalle esperienze tangibili che ho fatto durante la mia vita e da ciò che la mia mente ha registrato sul dolore degli altri. Quindi non esiste un soglia del dolore, ma una percezione del dolore regolata dalle nostre esperienze pregresse. Questo vale anche per le illusioni. In un mondo dominato dalle immagini, quale tema è più attuale della realtà messa in scena? Cosa influenza la percezione e la ricezione del messaggio visivo? La natura di ogni fenomeno osservato è inevitabilmente “soggettiva” e varia in relazione a colui che la percepisce. Che ruolo ha l’osservatore? Qual’è l’influenza che esercita sul mondo attraverso l’atto dell’osservazione? Se guardare una porzione di mondo significa rivelarlo, come interagiscono gli oggetti con la nostra coscienza? Il loro stato fisico si modifica a causa dell’osservazione? E se le emozioni nascessero dall ‘incapacità di vedere quello che veramente accade nel mondo intorno a noi ?