Il suicidio di Aiace

Ivano-Frankivsk non è in prima linea,  ma si trova comunque in Ucraina e ogni tanto qualche missile arriva anche qui. Chi voleva lasciare la città lo ha già fatto, alcuni si sono diretti verso il confine polacco, altri verso quello rumeno o moldavo, ma tutti sono stati portati nelle stazioni dei maggiori centri nazionali dai volontari e dai governi ospitanti da dove hanno potuto dirigersi verso le maggiori capitoli europee occidentali.

Olga di Odessa /Chisinau ©Emanuele Mei

Olga è arrivata a Chisinau da Odessa durante  la prima settimana dell’attacco per il timore che la sua casa venisse rasa al suolo e adesso piange tutti i giorni, ha nostalgia di casa. E’ ospite di una scuola superiore convertita in dormitorio. Olga e una donna forte, ma stanca. Quando una donna è stanca te ne accorgi subito, il volte è straziato come una foglia d’autunno e diventa estremamente fragile. Gli occhi sono perennemente lucidi, e ha lo sguardo di chi sa che il destino non si può truccare. Rendiamoci conto della portata dell’esodo che questa guerra ha provocato e della crisi umanitaria ed economica che ancora non siamo in grado di quantificare. Circa un milione di persone a settimana hanno lasciato il paese nel primo mese di guerra, un’ondata maledettamente massiccia, si parla di 4 milioni di persone, e sebbene il flusso è drasticamente diminuito negli ultimi giorni, le pressioni sui governi e sulle organizzazioni umanitarie sono pesantissime. Questo calcolo non comprende il numero degli sfollati all’interno del paese e se a loro dovessero aggiungersi anche gli uomini fino a 60 anni che oggi sono esclusi dal conteggio per decreto governativo, il numero potrebbe aumentare a dismisura. L’esodo Ucraino è tre volte più numeroso di quello siriano del 2015, e ricordiamoci come la politica di alcuni paesi europei sia diventata anti migratoria, e che pur partendo con la massima disponibilità all’accoglienza hanno gradualmente chiuso le loro porte con scuse di vario genere. Questo ha avuto importanti conseguenze ai confini del nostro continente, solo su alcuni paesi è ricaduta una crisi umanitaria fomentata dai governi lontani con patti studiati per respingere l’ondata, creando ancora più problema. Ma se il problema non lo vedi non è più un tuo problema. Le conseguenze di queste politiche tutt’altro che lungimiranti hanno portanto a reazioni a catena che sono sfociate in una crisi da cui è stato difficile smarcarsi. Alcuni dei paesi che in precedenza erano stati i più avversi alla concessione di asilo per motivi simili a quelli ucraini, oggi sono in prima linea nell’accoglienza tra cui Polonia e Ungheria. Ricordiamo che Orban, primo ministro ungherese, è stato il primo a costruire un muro per non far entrare i siriani nel 2015. Anche l’America ha dichiarato che accoglierà un consistente numero di rifugiati e contribuirà con 1 miliardo di dollari per aiutare i paesi europei in forte difficoltà con l’accoglienza. Migliaia di cittadini senza alcuna connessione con organizzazioni umanitarie hanno messo a disposizione stanze e letti per la prima accoglienza, e il governo polacco ha offerto ad ogni ospitante 9 euro a notte per ogni persona accolta per un massimo di 2 mesi. UK stanzia 350 sterline al mese per famiglia ma a dire il vero per un rifugiato arrivare in Uk è molto difficile per blocchi amministravi. L’italia è uno dei paesi con la maggior diaspora ucraina ed è stata accogliente da subito, mettendo a disposizione letti in scuole e palazzetti. Oggi l’Europa attende i profughi a braccia aperte. Il popolo stesso si è mosso per dare asilo. I governi hanno approvato in 26 paesi su 27 una legge che da pieno diritto ai cittadini ucraini di vivere, lavorare e ricevere sussidi statali. Non è necessario nemmeno fare richiesta d’asilo politico, e quindi, almeno per ora non stiamo assistendo al confinamento forzato in centri d’accoglienza che assomigliano di più a dei campi di detenzione. Il contrasto alla reazione del flusso siriano del 2015 non è dovuto ne al colore delle pelle chiara e ne alla religione cristiana, anche se in parte può essere una spiegazione. 

Olga di Odessa / Chisinau ©Emanuele Mei

La mobilitazione generale è per una guerra che l’Europa sente vicina sebbene non sia coinvolta nei combattimenti. Le conseguenze legate a questa crisi sono incerte, molto dipende dalla durata della guerra e dalle decisione  dei profughi di rimane o meno in Europa anche dopo. Molti vogliono tornare a casa e alcuni lo hanno già fatto. Sembra probabile che il conflitto non si fermi in breve tempo e il numero dei rifugiati possa salire ancora. Fino ad ora la risposta umanitaria alla crisi umanitaria è stata solidale, ma si comincia già ad avere dei dubbi e il seme dell’ignoranza comincia a germogliare alle frontiere. Se i governi dovessero cominciare a non occuparsi più del problema o mal gestirlo la solidarietà potrebbe essere facilmente sostituita dall’intolleranza come abbiamo già visto in molto casi precedenti relativi ad altre crisi. Bisognerebbe lavorare già da subito sull’integrazione prendendo come modello la Germania e non focalizzarsi solo sulla semplice ospitalità che lava la coscienza.

©Emanuele Mei / MoldExpo Chisinau

©Emanuele Mei / MoldExpo Chisinau

©Emanuele Mei / MoldExpo Chisinau

Questa nuova spinta umanitaria rappresenta una sfida che potrebbe ridisegnare il diritto umanitario, e si spera che lo spirito d’accoglienza possa estendersi oltre la guerra in tempi e  terreni lontani.  Questo dipenderà da come sarà gestita l’integrazione del popolo ucraino all’interno del territorio europeo. Non c’è tempo da perdere e alcuni paesi sono già al limite dell’accoglienza. La Moldavia già raccolto 2 decimi della sua popolazione, e anche se è una nazione di transito, le strutture sono sature e le risorse scarseggiano. Se poi pensiamo alle difficoltà burocratiche di far arrivare gli aiuti in maniera indipendente in un paese che di fatto non è in Europa le cose si complicano. In Moldavia si parla russo e questo incide sulla decisione di restare di persone solitamente più povere che non hanno parenti in Europa occidentale. Non bisogna dimenticare che la Moldavia, specialmente nella zona della Transnistria, è un posto frequentato trafficanti di esseri umani, che presentandosi come volontari alimentano il mercato nero delle adozioni, prostituzione, schiavitù, e traffico d’organi. La Polonia è arrivata al limite massimo e ha ridistribuito i rifugiati sul suo territorio che certo non è piccolo. Nelle grosse città ci sono le peggiori condizioni d’accoglienza e i rifugiati vengono incoraggiati a trasferirsi in piccoli villaggi. 

Rifugiato MoldExpo Chisinau ©Emanuele Mei

L’accoglienza dovrebbe globale e non responsabilità di un singolo stato che per ragioni geografiche subisce la maggior pressione. In Italia conosciamo bene il problema e sappiamo che l’Europa può fare orecchie da mercante o un passo indietro in ogni momento addossando tutta le responsabilità al governo nazionale. Questa gestione dove essere tempestiva e rapida prima che la troppa pressione ai bordi crei tensioni e apra ferite sociali difficile da rimarginare e soprattuto prima che l’entusiasmo nei paesi non confinanti scenda, perché prima o poi succederà. Ma la rinuncia alle procedure di asilo ma ricadere tutto sulle spalle della comunità, e piccoli comuni non possono soddisfare l’aumento della domanda di servizi da un giorno all’altro. La verità è che per le economie europee i rifugiati possono essere sia un grosso peso che un enorme vantaggio partecipando alla vita cittadina provocherebbero un significativo aumento della ricchezza. Ma il proseguo degli scontri, il blocco dei mercati, la mancanza di ulteriori strutture di accoglienza a causa di nuovi arrivi, l’essenza o perdita del lavoro per i residenti e non solo per i rifugiati, l’aumento della richiesta dei beni e dei servizi, porterà ad una una grossa diminuzione e ridistribuzione del reddito. Il dissenso all’accoglienza comincia ad arrivare dai paesi direttamente coinvolti, in Romania un’importante frangia della popolazione pensa che il nemico da combattere sia esclusivamente  l’Ucraina. Qui più che altrove, la solidarietà potrebbe esaurirsi in fretta ed essere facilmente sostituita con odio e intolleranza. Questo sarebbe un ennesimo calvario per Olga e altri che come lei scappano dalla follia umana.

Confine di Palanca Moldavia ©Emanuele Mie

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